“Le criptovalute cresceranno. Ma rimangono investimenti ad alto rischio”
13 Aprile 2023
Secondo una ricerca della Rome Business School, nel 2023 sempre più istituzioni finanziarie tradizionali offriranno monete virtuali alla clientela, mentre la loro capitalizzazione totale subirà un forte incremento. Ma questi asset restano molto volatili, non regolamentati e pieni di insidie
Le criptovalute hanno un futuro? Sì, secondo l’ultima ricerca realizzata dalla Rome Business School. Che, anzi, prevede una forte crescita di questo mercato, nonostante le perdite registrate negli ultimi mesi. “Il 2023”, si legge nel testo dell’indagine, “sarà caratterizzato da un sempre maggior numero di istituzioni finanziarie tradizionali che offriranno prodotti e servizi di criptovaluta”.
L’incremento previsto
Il report – denominato Il mondo delle crypto. Rischi e opportunità per banche e cittadini e curato da Alessandro Villadei e Valerio Mancini (rispettivamente docente dell’International master in Finance e direttore del centro di ricerca di Rome Business School) – parte da lontano. Più precisamente dal gennaio 2017, periodo in cui, secondo CoinMarketCap, la capitalizzazione di mercato totale delle criptovalute era di da circa 19,5 miliardi di dollari. Bene: nel 2022 il valore ha raggiunto i 2,5 trilioni, “e ci si aspetta”, recita una nota, “che la cifra raggiunga i 10.000 miliardi di dollari entro quest’anno”.
La crisi che ha portato le monete virtuali a un crollo – e ha convinto istituzioni e osservatori a prevederne il ridimensionamento o addirittura l’estinzione – non ha intaccato l’interesse di molti consumatori per questi asset. Che piacciono, si legge nella ricerca, “per il loro potenziale di rendimento elevato e l’anonimato che offrono, rendendole allettanti soprattutto per coloro attenti alla privacy”.
Attenzione alla volatilità
Alcuni investitori considerano bitcoin e simili come un investimento sicuro, o addirittura una new entry nel club dei beni rifugio. Ma gli autori dello studio sostengono l’esatto contrario. Le criptovalute, sostiene infatti lo studio, sono molto volatili e il loro valore può fluttuare rapidamente, rendendole investimenti a rischio. Ad alto rischio.
Non per niente, nel 2022, il bitcoin ha perso più del 60% del suo valore, ed Ethereum (nell’anno del merge) il 64%. E’ andata ancora peggio per le altre principali criptovalute, che hanno subito un crollo superiore al 90%, a causa soprattutto della loro volatilità. E i casi come il crollo di Ftx ne hanno anche minato immagine e credibilità.
L’instabilità, afferma Villadei, è “il vero tallone d’Achille delle cripto: uno strumento finanziario dalle enormi potenzialità e in grado di costruire un impero, ma anche di crollare come un castello di carte dopo un semplice soffio”. Investimenti ad alto rischio, appunto.
E c’è altro: la mancanza di regolamentazione e di sorveglianza rende questi asset particolarmente deboli nei confronti del mercato e di eventuali truffe. “Paragonare bitcoin (o qualsiasi altra criptovaluta) a beni rifugio come oro e altre materie prime”, dice Villadei, “è ancora prematuro”.
L’ombra del crimine
Per non parlare dei reati commessi utilizzando questi asset: secondo il Crypto Crime report 2023 di Chainalysis, citato nello studio, l’anno scorso centinaia di indirizzi illeciti hanno inviato quasi 23,8 miliardi di dollari di criptovaluta nel 2022, +68% rispetto al 2021.
Una maggiore regolamentazione del settore, affermano gli autori, è dunque necessaria anche per ridurre i crimini e il riciclaggio mediante scambi di valute virtuali.
Foto di Art Rachen su Unsplash