Pinta, il primo cane registrato su blockchain
20 Febbraio 2020
L’operazione è stata ideata dai suoi proprietari, Irene Sofia e Marco Crotta. Che hanno un progetto: trasferire sulla “catena dei blocchi” le anagrafi canina e felina. E mettere i dati sanitari e assicurativi degli animali a disposizione di tutti
La prima registrazione al mondo di un cane in blockchain? E’ avvenuta a Milano il 1 dicembre 2019. Il (anzi: la) protagonista è Pinta, pastore australiano di dieci anni, che vive a Lambrate ed è la star del canale Youtube @QualaZampa. L’idea è stata sviluppata dai suoi proprietari: l’istruttrice cinofila e blogger Irene Sofia e suo marito Marco Crotta, informatico, esperto di blockchain, formatore e coautore del libro Cryptotrading.
I due puntano a replicare l’esperienza e renderla organica, estendendo l’utilizzo della blockchain per gli animali ad anagrafe canina, assicurazioni, dati sanitari e altre informazioni. Irene e Marco hanno approfondito l’argomento con Tab Magazine.
Domanda. Allora, che cosa vi ha spinto a pensare di registrare un cane sulla blockchain?
Irene. E’ avvenuto casualmente. Un giorno, sentendo l’ennesima notizia sui maltrattamenti agli animali, ho chiesto a Marco: “la blockchain potrebbe fare qualcosa per combattere questo fenomeno? Potrebbe aiutare a identificare gli allevamenti lager e contribuire al loro smantellamento?”. Di lì abbiamo iniziato a pensarci, insieme. A esplorare le varie possibilità di intervento, a chiederci come sfruttare le molte potenzialità del settore. Un “prato verde”, dato che a livello europeo ci sono vari database sui cani, ma nessuno in blockchain. Di lì abbiamo compreso che un suo utilizzo avrebbe potuto espandersi a molte altre attività: dall’anagrafe canina alle assicurazioni. E anche ad altri animali.
Domanda. E per prima cosa avete registrato Pinta.
Irene. Sì. E abbiamo osservato che la cosa non è difficile e può essere replicata anche ad altri cani. Così è nato Fauna Life, progetto di anagrafe animale basato su tecnologia blockchain pubblica per collegare fra di loro gli animali in base al rapporto di “parentela” e raccogliere i loro dati. Il punto centrale è il collegamento tra i dati del cane e il suo microchip, che è obbligatorio. Bene: se si iniziasse a inserirle sulla blockchain, queste informazioni sarebbero a disposizione di tutti. Pensate che cosa si potrebbe fare una volta aperta la possibilità di ricostruire l’albero genealogico di un cane. Si potrebbe, per esempio, scoprire le malattie genetiche di un’intera cucciolata. Vale a dire: se un animale ha un disturbo ereditario, anche gli altri “fratelli” potrebbero esserne predisposti. L’operazione ha anche la possibilità di favorire l’unificazione dell’anagrafe canina – potenzialmente anche a livello internazionale – mettere a disposizione le informazioni sanitarie e assicurative e contrastare la tratta dei cuccioli. Che è poi lo spunto che ha dato vita all’idea.
Domanda. Insomma, volete rendere la vita difficile agli allevamenti in cui i cani non vengono rispettati, non è così?
Irene. Esattamente. La blockchain obbliga chi la utilizza a essere onesto. Nel momento in cui qualcuno inserisce una menzogna, la sottoscrive. E tutti lo sanno. Poniamo che venga nascosta la patologia genetica di un cane sulla “catena dei blocchi”. Bene: nel momento in cui l’animale dovesse soffrire di una malattia di questo tipo, si potrebbe risalire all’allevamento che ha omesso l’inserimento dell’informazione. Chiarire le responsabilità. Un atto molto forte, dato che i dati in blockchain restano inalterati nel tempo, hanno una data certa e un autore che può essere identificato mediante la firma digitale.
Domanda. Non è possibile, però, obbligare tutti gli allevamenti a registrare i cani su blockchain.
Irene. No. Ma questa operazione sarebbe un sigillo di trasparenza. Una specie di certificazione. Chi vi aderisce, vuole fare le cose per bene. Chi ha qualcosa da nascondere, sicuramente non utilizzerebbe questa piattaforma.
Domanda. Esiste però anche un diritto all’oblio. O la possibilità di un errore.
Marco. Le informazioni non vengono messe “nativamente” in blockchain. Se per un dato viene richiesta la cancellazione, resta una traccia. Questa indica che prima c’era un’informazione, che ora non è più raggiungibile. E’ nascosta e non più disponibile.
Domanda. Torniamo a Fauna Life: siete già in contatto con organizzazioni del settore?
Marco. Sì: ne abbiamo già discusso con canili e associazioni. Che hanno dimostrato interesse, perché le registrazioni servirebbero soprattutto per il bene degli animali, di razza o meno. Come detto, le potenzialità della blockchain sono moltissime: il nome dell’iniziativa, che si riferisce alla fauna, suggerisce che l’esempio potrebbe essere replicato, per esempio, anche per i gatti (anche loro hanno un’anagrafe: e l’intervento della blockchain sarebbe utile per censire le colonie feline e combattere il randagismo). Ma anche per i cavalli, i furetti e tutti quegli animali che hanno un identificativo univoco.
Domanda. A che punto è la realizzazione del progetto?
Marco. Ora siamo in fase preliminare, che consente a varie persone e associazioni (canili, gattili, volontari che operano al loro interno, associazioni, padroni di cani e gatti, allevatori e veterinari) di effettuare la pre-registrazione sul nostro sito. Poi passeremo a un livello più operativo.
Domanda. Che cosa state aspettando?
Marco. Di completare alcuni sviluppi e di partire con la nostra soluzione. Ci stiamo lavorando alacremente: la tecnologia c’è già, manca ancora l’infrastruttura per parlare con l’utente. Se si trattasse di un’automobile, potrei dire che il motore è pronto, ma manca la carrozzeria.
Domanda. Che soluzione state mettendo a punto?
Marco. Puntiamo a uno strumento semplice, utilizzabile via smartphone anche da persone non più giovani. Una volta pronto, il sistema diventerà un collettore di dati. Abbiamo in mente di darli in libero accesso alle università veterinarie, e di valutare collaborazioni con le compagnie assicurative.
Irene. A breve vorremmo anche lanciare il progetto su una piattaforma di crowdfunding, per ottenere finanziamenti che permettano di svilupparlo al meglio.
Maurizio Giuseppe Montagna